Notizie Storiche – IL NOVECENTO 

oggi

Dopo la distruzione dell’antico Calvario, avvenuta attorno agli anni Settanta del secolo scorso, le tradizionali cerimonie subirono un forzato cambiamento perché dovettero svolgersi nella cattedrale e adattarsi alla nuova situazione. Ma già in precedenza, erano state apportate alcune aggiunte che potremmo cronologicamente collocare tra la fine del secolo XVIII e l’inizio del seguente: mi riferisco alla processione dell’Addolorata che non è ricordata negli antichi documenti.

La sua chiesa, costruita, inizialmente, verso il 1665 come una piccola cappella e poi ampliata verso la fine del secolo (circa 1685) divenne centro di una devozione profondamente sentita dal popolo agrigentino verso la Madre dei Sette Dolori.

La confraternita omonima eretta il 26 marzo 1686 dal vescovo mons. Francesco Maria Rini vi ebbe la sua sede e ne curò anche il culto.

La Confraternita dell’Addolorata subì un periodo di decadenza in seguito alle leggi eversive del 1866, ma essa si riprese specialmente per opera di Gaetano Sclafani Fanara, figlio dell’avv. Michele “gentiluomo perfetto, cattolico fervente, di antico stampo, devotissimo dell’Addolorata“, che nella sua famiglia, per lunga tradizione, era stata sempre onorata. […]

La statua della Madonna dei Sette Dolori è opera di Filippo Quattrocchi (1734-1818); fu restaurata all’inizio di questo secolo da Calogero Cardella. Essa perciò venne portata in processione tra la fine del secolo XVIII e l’inizio del XIX.

Nella tarda mattutina del Venerdì Santo mentre il Cristo veniva condotto, secondo l’uso, in forma privata, al Calvario, si cominciava, dalla sua chiesa, la processione dell’Addolorata che vi giungeva verso l’ora della Crocifissione; e poi, la sera, accompagnato il Cristo morto sino alla cattedrale, l’Addolorata veniva ricondotta alla sua sede.

Quando non fu più possibile compiere la funzione al Calvario, la mattina del Venerdì Santo il Cristo morto, dapprima sul cataletto e poi (probabilmente tra la fine del Sette e l’inizio dell’Ottocento) dentro l’urna, ma coperto da un lenzuolo, veniva condotto alla chiesa dell’Addolorata e di là, insieme alla Madre, in processione, riportato in cattedrale per la crocifissione. Dopo le prediche e i canti delle Sette Parole, che cominciarono a praticarsi dal secolo XVIII, iniziava la processione serale che si concludeva al duomo da cui l’Addolorata veniva poi condotta nella sua Chiesa. […]

Da quando, dopo la distruzione del Calvario all’aperto, lo si dovette preparare in cattedrale, esso veniva addossato all’interno della porta maggiore.

In seguito nel 1933 si dovette spostare sull’altare maggiore perché mentre all’altare maggiore si celebrava il cosidetto ufficio delle tenebre, la moltitudine dei fedeli gli volgeva le spalle perché intenta alle sue devozioni verso il Crocifisso e l’Addolorata.

Dal 1934 la processione mattutina si svolge con la statua del Redentore: partendo dalla cattedrale, verso le dieci , per via Oblati scende sino all’Addolorata dove ad essa si aggiunge, con la statua della Madonna dei Sette Dolori, l’omonima confraternita e poi per via Garibaldi, piazza Pirandello, via Matteotti, sale fino al Duomo.

Vi giunge verso le ore tredici e allora, i diaconi del Seminario pongono in croce il simulacro del Crocifisso. Ad ogni colpo di martello, anche oggi, i presenti si percuotono sulle guance in segno di dolore.

Prima della riforma liturgica, subito dopo la Crocifissione, iniziava il pio esercizio delle Sette Parole in cui il predicatore della quaresima proponeva delle riflessioni sulle parole pronunziate da Cristo in croce. Negli intervalli la Schola Cantorum del Seminario, diretta, per tanti anni, dal maestro mons. Giovanni Cucchiara, confrate del Crocifisso, eseguiva appositi canti, su versi del Metastasio musicati dal Magri o espressioni bibbliche musicate da F. Vittadini. Dopo l’ultima parola, che si concludeva con la morte del Signore, il popolo restava in chiesa a pregare sino all’ora della deposizione, che avveniva verso le sette e mezzo.

Dal 1936, prima della deposizione, si eseguiva un responsorio di L. Perosi come Jerusalem surge! e poi il predicatore o, molto più spesso, mons. Peruzzo commemorava l’episodio evangelico. Quello del vescovo, dalla voce limpida e robusta, era un discorso cosi vibrante di intima e profonda commozione che subito conquistava la folla che rispondeva con singhiozzi mal repressi e a volte con grida e pianti.

La deposizione avviene in un commosso silenzio che impressiona per la gran folla partecipe ed ritmato dai colpi di martello e dai battiti delle mani sulle guance. Subito dopo comincia la processione che si svolge cosi: precedono alcune associazioni e i confrati del Crocifisso al completo, il seminario, il clero e l’urna del Cristo morto: segue immediatamente la Confraternita e la statua dell’Addolorata e poi tutta la gran massa del popolo. Si percorrono le strade Duomo, discesa Itria, S. Vincenzo, S. Girolamo, Badiola, Piano Gamez, via Porcelli, Atenea, Piazza S. Domenico. Qui il Vescovo, che, di solito, si immette nella processione da via Porcelli, dopo il canto di alcune strofe dello Stabat Mater rivolge ai fedeli un breve discorso.

Al termine, le due processioni del Cristo Morto e dell’Addolorata si separano: questa, per via Garibaldi si conclude nella chiesa propria; quella per le vie Orfane, Barone, Saponara, S. Maria dei Greci giunge alla Cattedrale.

Dopo la recente riforma, dovendosi celebrare l’azione liturgica verso le ore cinque, il tempo delle Sette Parole è stato ridotto o è stato impiegato soltanto per una o poche prediche.

Dal 1937 si è ripresa l’antica usanza delle cantate durante varie soste della processione. Quell’anno il maestro F. Flora, da una cinquantina di giovanette fece eseguire la Cantata detta di Aragona, perché musicata dal maestro aragonese Luigi Di Stefano, che cominciava con le parore: Ah! Si! Versate lacrime.

In seguito il maestro mons. Giovanni Cucchiara la insegnò ai confrati e anche oggi essa è cantata da molti.

Recentemente le soste della processione sono state fissate a quattordici; in ognuna di esse si legge un brevissimo brano biblico seguito da un commento e da alcuni canti popolari. Alcune di queste soste servono anche alla recita o al canto di alcune strofe siciliane sulla Passione del Signore composte da don Stefano Pirrera e musicate dal maestro D. Calogero Costanza […].

Negli anni precedenti la seconda guerra mondiale il Venerdì Santo si esponeva ai balconi il tricolore a mezz’asta.

Tratto da:  L’arciconfraternita del SS. Crocifisso di Agrigento di Mons. Domenico De Gregorio. Agrigento 1994.

Devi accettare i cookie: statistiche, marketing per guardare questo contenuto.
  • Il Venerdi Santo di una volta

    Notizie storiche - dal sei all'ottocento

    Il Venerdi Santo di oggi

    Notizie storiche - il novecento